«Portali» è la rubrica realizzata da alcuni seminaristi del Biennio che, condividendo la passione per l’arte, ogni lunedì propongono l’opera commentata di un grande artista per introdursi – come da un portale – alle Letture della nuova settimana, secondo una prospettiva originale e inedita.
Marko Ivan Rupnik, 2012, mosaico, Cappella dell’infermeria della Compagnia di Gesù, Roma
“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele ” (Lc 2,29 – 32). Queste sono le parole che il vecchio Simeone disse benedicendo Dio e prendendo tra le sue braccia Gesù Bambino. Sono le parole di un uomo che finalmente, dopo aver visto realizzarsi la promessa di Dio e aver accolto la parola di salvezza per il popolo d’Israele, può lasciare questa terra sicuro dell’amore del Padre. L’opera scelta per questa settimana è dell’artista, teologo e presbitero Ivan Rupnik. Si potrebbe sintetizzare il suo modo di intendere l’arte a servizio della fede e di una fede che nell’arte trova una sua alta espressione, in una frase dello stesso Rupnik: “Dio è la luce, e tutto ciò che è in Dio è nella luce. La comunione è la luce degli uomini. La comunione si coglie nei colori. La comunione in Dio è l’armonia nei colori. Ma l’armonia è possibile nella diversità. L’armonia che Dio vuole è coesione dei colori assoluti, puri, forti. Nella luce, i contrasti spumeggiano uno spettro di comunione. L’amore è quella forza che dai contrasti crea una sinfonia. ”(Il colore della luce, Lipa, Roma 2003, Testimonianze, p.33). Un giorno una piccola zingara mi disse con orgoglio che aveva gli occhi neri. Portava un fiorellino rosso nel ciuffo dei capelli scuri. Da allora mi sono detto: non è vero che il nero non è un colore ” (op. cit. p.63).
L’artista, per la realizzazione delle sue opere, utilizza tessere irregolari di diversi materiali come il granito, il marmo, la madreperla, argento e foglie d’oro. La sua opera sottolinea e cerca di portare l’attenzione all’unione che si crea tra liturgia e storia, tra tempo dell’uomo e salvezza eterna. Colpisce in questo mosaico la figura di Simeone, che quasi chiudendosi in se stesso, abbraccia teneramente Gesù Bambino, un abbraccio che
crea un eterno legame tra noi e Lui, un eterno legame tra noi e la Sua infinita misericordia.