Nell’avvento sulle orme di Maria, una meditazione estetica sull’affresco principale della Cappella del Quadriennio Teologico, offerta da don Romano Martinelli, a lungo padre spirituale del Seminario, e da don Norberto Valli, professore di sacra liturgia. Contributo video.
I candidati 1941 chiesero che la loro cappella, troppo austera, fosse dipinta, perché, così spoglia, creava difficoltà alla preghiera. Mons. Polvara, insegnante in seminario di estetica, contattò fr. Ernesto Bergagna, raccogliendo l’invito dei seminaristi. Nacque così il ciclo pittorico Maria e la Redenzione. Durante la seconda guerra mondiale poi gli stessi chierici collaborarono con il pittore; dell’aiuto offerto si vedono ancora le tracce nell’arcone principale: le colombe alternate a narcisi, sono un po’ goffe e assomigliano a polli (erano anni di fame!).
Oggi questo tipo di pittura, di poetica, di interpretazione della Bellezza non è apprezzata da tutti: è, talvolta, un po’ denigrata e non sempre capita. Si sente infatti lontana la poetica del simbolismo e del divisionismo. In queste correnti culturali europee nasce la pittura religiosa, di cui il racconto della vita di Maria interpretato dall’udinese fra’ Bergagna nella Cappella del Seminario costituisce un esempio degno di nota.
Ebbene, ‘la Vita si è fatta visibile’ anche nei percorsi di questo ‘cantico di colori a Maria’, un ciclo pittorico che vuole insieme nutrire la celebrazione liturgica e la preghiera personale. Intende essere una celebrazione dell’Immacolata, la cui situazione eccezionale non è privilegio ma fecondità, maternità che intercede per la Chiesa (la persona di Maria è immagine essa stessa di Chiesa) e accompagna coloro che si preparano al ministero, seguendo il Signore Gesù.
Il tessuto cromatico e l’impostazione del racconto appartengono a una corrente tra il divisionismo ed il simbolismo che, in Francia e in Italia, vive momenti alti a fine ottocento. La rivoluzione simbolista inizia da una data, il 1886, in Francia, raggiunge, anche grazie al traino di alcuni circoli, l’Inghilterra e la Germania (Klimt). La preoccupazione di questo movimento ‘laico’ è quella di superare il predominio di un realismo che, con l’enfasi posta sul progresso e sulla ricerca scientifica, finisce per sacrificare l’aspirazione dell’uomo alla trascendenza, a ‘un oltre’ che ispira la realtà stessa e in qualche modo la guida.
Il Bergagna, e la scuola del beato Angelico ne danno un’interpretazione più religiosa e ‘cristiana’.
I percorsi del simbolismo sono molto particolari: rendono astratto il concreto (es. si addolcisce la macabra scena di Giuditta) e danno corposità ad atteggiamenti e spirituali (l’angelo che piange e quello che esulta). Questa poetica vuole accordare spirito e sensi, ove gli elementi sensuali si estenuano e illanguidiscono e quelli spirituali, dal canto loro, diventano relativamente corposi e sensibili: conciliazione di Verità e Bellezza, della Fede e della Gioia, della Scienza e dell’Arte (Barilli). L’artista dà colore al sogno e allo spirituale, crea climi romantici, suggestivi e rarefatti (cf. Apocalisse e sfondi angelici).
Dal canto suo, il divisionismo applica una tecnica che non mescola i colori, ma li accosta. E così risultano meno ‘sporchi’. I colori infatti sono affiancati tra loro nella pennellata, che può essere a filamento, a cerchio, a tessera, a virgola, a punto. I colori sono ‘mescolati’ solo otticamente, nella retina dell’osservatore. L’occhio dell’osservatore, sintetizzando i diversi colori, accompagna la pennellata, nell’andamento direzionale della stesura pittorica che segue e costruisce la struttura delle cose, cancellando i contorni e provocando la vibrazione delle cose stesse. Si crea così un’armonia tra le aree di colore (cf. Annunciazione), immerse in un’atmosfera fiabesca che tutto avvolge.
Il Bergagna è vincolato da uno dei quattro modelli iconografici che raffigurano l’Immacolata Concezione, con i criteri indicati agli iconografi dopo la definizione del 1854. La Cappella è però ricca di citazioni illustri. L’autore allude implicitamente a opere ben note come il Gabriele nell’Annunciazione di Cortona del Beato Angelico, il notturno di Piero della Francesca nelle Storie della Croce di Arezzo…
Per una lettura dei significati
Sotto il cielo stellato, come nella Cappella degli Scrovegni, attraversato da foglie di acanto -Maria è la Stella matutina – si affaccia alla finestra strombata l’Angelo della desolazione. Piange in abito di lutto, con le ali ripiegate tra rose e spine, vestito di una tunica con il disegno del serpente e della bilancia. I capelli scarmigliati ed il volto nascosto tra le mani!
Lo stupendo piano di Dio inizia con un fallimento. La fuga dell’uomo da Dio. Il giardino si trasforma in una sterile sterpaglia e sassaia, il serpente striscia compiaciuto per il suo successo, la letizia incantata di Adamo ed Eva, si ripiega in un lutto tragico, in un’estraneità generata dal sospetto su Dio intorno all’albero della Vita (conosciamo il dramma evocato da Gen 3). Il Cherubino, con la spada fiammeggiante, chiude l’accesso al ‘Paradiso perduto’. I due quadri sono ricchi di simboli (spine, alberi, serpente, angelo con la spada, terra sterile, giglio…). Si scorgono citazioni del Beato Angelico, di Masolino e Masaccio della Cappella Brancacci, del giardino fiorentino di Boboli effervescente di colori; la tecnica divisionista consente effetti come il brulichio dei colori e l’orlature di luci.
La controffensiva di Dio, che ricerca l’uomo, inventa una donna singolare, novella Eva. In una caverna luminosa un’ombra. Si intravede la figura del Padre (allusione alla Trinità del Lotto nel museo diocesano di Bergamo). Nel paesaggio infernale, che richiama incisioni ottocentesche (G. Doré), una promessa certa e sommessa: “Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe. Essa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gen. 3,15). La frase è scritta in ebraico, partendo ovviamente da destra.
Si evidenzia sempre più l’intreccio tra Bellezza e lotta, lo scontro e il contro-canto tra la promessa di Dio e l’avversario con la sua subdola strategia di contrasto e di violenza distruttiva.
Così nella prefigurante storia di Giuditta, donna che trionfa nell’accampamento assiro su Oloferne, si intravede la vittoria di Maria sul nemico (Manzoni la chiama ‘terribile come oste schierata in campo’): notturno stupendo, citazione di Piero della Francesca nella leggenda della Croce di San Francesco ad Arezzo.
Di fronte, nell’aridità del deserto il Popolo di Dio, i giusti dell’A.T. e i profeti attendono il compimento. L’attesa è qui descritta come un cerchio di oranti, in un deserto abbacinante e riarso, e tuttavia già inizialmente fiorito, con due incensieri che esalano un profumo che, come nube leggera, disegna la figura di Maria, la quale come corona ha un volo di uccelli, rondini forse: la corrente pittorica del simbolismo ha la pretesa di trasformare le parole in colori ed immagini. Qui risuona la Cantica: “Che cos’è che sale dal deserto come una colonna di fumo, esalando un profumo di mirra e di incenso e d’ogni polvere aromatica? (3,6). Questo nuvole affusolate, che camminano sul suolo, mosse dal vento, si vedono ancora nel deserto del Negev.
Segue l’Annunciazione: è il sì che Dio dice all’uomo e che rende possibile il sì dell’uomo che si consegna a Dio, dicendo: ‘fa di me ciò che Tu vuoi’.
Lo sfondo dell’annuncio sono, evidentemente, le Prealpi e Venegono, in un’atmosfera cara all’Angelico. L’albero di Iesse è una radice sulla quale è innestato un pesco che fiorisce in dodici virgulti (gli antenati, i Dodici). Lo sfondo contemporaneo che situa il Mistero in questo territorio (si veda anche la scena finale dei giovani chierici che camminano verso il Seminario o… verso Gerusalemme/Maria) non è una furberia con la quale si cerca di rianimare un fatto del passato. Suggerisce che la storia della salvezza accade adesso, è evento qui ed ora.
La Crocifissione illustra un versetto del Vexilla Regis: Arbor decora et fulgida, ornata Regis purpura… Attorno al nuovo albero della vita, fiorito, messo davanti all’albero del Giardino, stanno le tre figure fedeli presso la Croce: la Vergine Maria, la Maddalena, il discepolo amato. Lo sfondo è insieme Gerusalemme e Venegono. Il Cristo è romanico e, insieme, bizantino: occhi spalancati da Risorto, braccia spalancate da Vittorioso… Nelle indicazioni date ai pittori dopo la definizione del dogma, la Maddalena era bene che avesse i capelli biondi. Forse il Bergagna qui cita Masaccio nella cimàsa del Museo napoletano di Capodimonte.
Il quadro finale allude al cammino dei seminaristi, preceduti da Maria, accompagnati da stuoli di Angeli. La processione si muove verso il seminario di Venegono o verso la Città di Dio. I futuri presbiteri (i volti sono forse ritratti di adolescenti del minore e giovani di teologia di quel tempo) si muovono, accompagnati dagli angeli, angeli essi stessi (cf. l’antifona Angeli circumdederunt altare…) dietro il profumo delle virtù di Maria, che sorregge il piccolo Gesù. Si muovono verso Gerusalemme o verso l’ordinazione? Difficile distinguere. Vanno verso entrambe le destinazioni, guidati da Gesù, portato da Maria al mondo. Diverse generazioni di seminaristi iniziavano la giornata ogni mattina, al termine della Messa, con questa espressione del Cantico dei Cantici: Dilectus meus mihi et ego illi, qui pascitur inter lilia. Si cantava spesso allora: ‘Tràhe nos, Virgo Immaculata, post te curremus in odorem unguentorum tuorum’ (le parole si leggevano su una maiolica presso la scala del Liceo).
L’Angelo della Consolazione può dunque sorridere ad ali spiegate, con la tunica decorata da colori che rappresentano soli vivaci.
L’AZIONE DI Dio in Maria è raccontata secondo prefigurazioni del Primo patto e scene del Nuovo Testamento. Mancano episodi come la Visitazione, la Pentecoste, lo smarrimento di Gesù al Tempio, il Natale, la Risurrezione. Il che significa che ci si è concentrati sull’Immacolata. Si allude al Mistero pasquale nella Sindone della che reca in mano la Vergine rappresentata al centro, nella delicata posizione crocifissa del Bambino collocato nel grembo della Madre, e incoronata da dodici stelle.
C’è dunque un canto e un contro-canto: i due progetti si scontrano. Sull’apparente sconfitta di Dio e sulla distruzione del suo Piano vincerà la Vita, nel Mistero di Pasqua, grazie all’Immacolata.
La storia si conclude, o meglio è sempre in atto, nel segno di Maria/la Chiesa nel deserto (Apocalisse cap. 12, in fondo a destra). La lotta continua e l’avversario non è quel povero drago, lucertolone per nulla pericoloso, trafitto sotto lo sguardo di San Michele e di angeli e arcangeli. È l’Anticristo, così ben attualizzato da Solo’viev e Guardini, colui che spinge a credere che Dio sia inutile e che la storia si costruisce meglio senza di Lui. Lo scontro è tuttora durissimo: non tra un drago, serpentone un po’ ridicolo e innocuo, la cui coda fatica a trascinare uno scampolo di stelle, ma tra la forza dell’Anticristo e la discrezione di Dio che nell’Incarnazione è Bambino, inerme e Dio nascosto, e nel Crocifisso è Dio sconfitto agli occhi del mondo.
Nell’abside l’artista propone Ap 12,1 “Nel cielo apparve un segno grandioso. Una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi…”. Il Figlio è come sospeso tra le braccia della Madre, offerto a tutta l’umanità, mentre intorno tre ordini di angeli sottolineano (anche con la diversa tonalità del colore) il movimento silenziosamente in ascesa di tutto il dipinto” (S. Colombo).
Le tre porte della città sono attribuite alle tribù di Levi, di Ruben e, al centro, alla tribù di Giuda, da cui venne il Cristo, porta ovviamente coincidente con il tabernacolo. È il Signore Gesù, presente nell’Eucaristia, la vera porta di accesso alla Gerusalemme celeste.
Il tema ecclesiale è fondamentale nella cappella. Il tema della vite, nella parte superiore, commenta il prefazio ambrosiano della Dedicazione della Chiesa. Forte è la polemica nei confronti della Sinagoga. Le due figure in fondo, speculari ai due angeli, rappresentano la Sinagoga, con l’albero spezzato della nave, e la Chiesa trionfante. Sulla parete destra è dipinta una vite secca e senza frutti, perché priva di Cristo; tra i rami sono rappresentati dodici città, con i nomi in ebraico delle dodici tribù di Israele. A sinistra invece la vite è rigogliosa: sono raffigurate dodici chiese con i nomi degli Apostoli.
L’accostamento, più volte riproposto, tra il racconto biblico e il presente (Venegono, i suoi campi, le Prealpi, la torre e la cupola della basilica) vuole significare che la Storia della Salvezza è di oggi e si svolge adesso. Non è solo fantasia per arricchire l’interesse dei contemporanei con citazioni del territorio che anticipano la fotografia.
Per una lettura degli affreschi
- Si può seguire un percorso vocazionale: dalla chiamata alla vita (Gen 1-3) con la risposta negativa, alla chiamata di Maria con la sua risposta affermativa, sino alla chiamata al ministero: la qualità della risposta e i suoi effetti.
- Si può seguire un percorso tematico: la creazione, la caduta, la promessa, le prefigurazioni, il compimento della promessa, la Chiesa che lotta, le realtà ultime.
- Si può seguire un percorso liturgico: a partire dal tempo che si sta celebrando, nel corso dell’anno si può sottolineare ciò che più si addice all’Avvento, alla Quaresima, alla Pasqua, al tempo dopo Pentecoste, evidenziando, in ogni caso, il tema ecclesiale della vite feconda.