Il Verbo si è fatto cuore! La comunità del Seminario celebra il mistero dell’Incarnazione, prima che i seminaristi tornino nelle parrocchie di origine per vivere il Natale insieme alle comunità che li hanno generati alla fede. Videomessaggio di augurio del Rettore Mons. Michele Di Tolve, meditazione di don Norberto Valli sul vangelo della Messa della Notte Santa e uno speciale augurio del Coro del Quadriennio Teologico.

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Una meditazione sul Vangelo della santa messa
“nella notte di Natale” in rito ambrosiano

don Norberto Valli

Rivivremo il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio nella notte di Natale attraverso la proclamazione di quella parte del prologo di Giovanni che va dal v. 9 a v. 14.
Il versetto iniziale della pericope è stato accuratamente selezionato dalla tradizione medievale, fin dal momento in cui a Milano è stata introdotta, per influsso romano, la messa “nella notte”. Alla potenza dell’incipit, costituito dalla formula tradizionale “In quel tempo”, fa seguito immediatamente l’affermazione “Veniva nel mondo la luce vera”. Il senso della celebrazione della notte di Natale sta proprio nella consapevolezza che in un tempo determinato, storico, umano, la luce vera che appartiene all’Eterno è venuta a illuminare le nostre tenebre. Non sostiamo nella notte di Natale a contemplare la generazione del Verbo di Dio dall’eternità; da ciò l’esclusione dei primi versetti (“In principio era il Verbo…”). Ciò che conta è che in un preciso momento della storia, “in quel tempo”, la luce vera appariva nel mondo: questo è ciò che sempre stupisce e commuove!
Il “no” a Dio che fin dalle origini ha caratterizzato la vicenda dell’umanità si ripete anche quando, ancora una volta, Lui si fa incontro all’uomo per rischiararne il cammino. Venne fra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto: in quel tempo e anche in questo tempo: oggi! Il nostro è il Dio che accetta persino di essere rifiutato, ma non per questo cessa di amare.

Il Verbo si è fatto carne significa che il Verbo si è fatto cuore. Dio ha un cuore che palpita del battito dei miliardi di cuori umani. Dio si è preso il nostro cuore. Il Dio eterno non ha voluto solo sapere cosa c’è nel cuore dell’uomo, ha voluto anche sperimentarlo. Il Figlio eterno del Dio eterno è divenuto nostro fratello e tale resta nei secoli. A pensarci bene, è qualcosa di inaudito, di imprevedibile, il fatto che Dio ci venga incontro, facendosi bambino. A Natale si fa incontro a noi non un Dio che ci impaurisce per la sua gloriosa maestà, ma la carne fragile di un bambino, con tutte le connotazioni della miseria, al punto che a molti è venuto, e continua a venire, il dubbio di aver sbagliato a capire il messaggio. Invece è proprio così: dalla notte di Betlemme le fasce della debolezza e la mangiatoia della povertà sono simboli in senso forte dell’Onnipotenza di Dio. Da allora il volto tenero dei bambini, le membra sofferenti degli anziani, la solitudine degli infelici, l’amarezza degli ultimi della terra sono il luogo dove Egli continua a dimorare. Qualunque cosa avete fatto a questi piccoli…l’avete fatta a me!
La grandezza dell’amore consiste nel farsi piccolo per lasciar spazio a tutti: proprio nella piccolezza estrema del bambino Gesù si dimostra la grandezza della solidarietà di Dio con l’umanità.
Il bambino di Betlemme non diventa mai grande, nel senso della ricchezza e della potenza. Cresce solo nella piccolezza. E, in fondo, questo è il segreto che nel Natale Dio ci rivela di sé e che vuole condividere con noi.
Se anche in questo Natale accadrà che molti battezzati avranno tempo per tutti e per tutto tranne che per Lui, il Signore non si stancherà di farsi incontro a ciascuno, non smetterà di percorrere per primo la distanza che separa gli uomini dal suo amore, per indicare a tutti la strada che porta alla gioia vera. La celebrazione del Natale ribadisce l’assoluta priorità della grazia di Dio.
Ecco l’annuncio promettente del Natale: Dio vuole la nostra salvezza, non perché in qualche modo la meritiamo, ma perché Egli non può fare a meno di amarci così come siamo. L’identità di Dio è questo Amore assoluto, che non ha nulla a che vedere con il calcolo, con la logica di contraccambio che domina le nostre relazioni. Dio non agisce per la nostra salvezza, ponendo delle condizioni. Neppure interviene sulla nostra libertà, che può anche rifiutare l’Amore da cui è immensamente amata. L’Amore accetta di non essere riamato senza mai costringere all’amore. È la logica della redenzione che risplenderà pienamente nella Pasqua.
A noi è affidato in questo Natale il compito di riconoscere il tempo della visita di Dio e di stupirci ancora, nella certezza che a quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio…

Dio ha abbandonato la gloria ed è venuto a me.
Ha vissuto con gli esseri insignificanti come me.
Per me e in vece mia sia è rassegnato a prendere su di sé vergogna e umiliazioni.
Essere oggetto di attenzioni simili.
Chi sono io?
Per me il Re è morto versando il suo sangue.
Chi sono io?
Egli ha pregato per me.

Così cantava Elvis Presley quando molti dei lettori non erano ancora nati
(gospel reperibile su https://www.youtube.com/watch?v=geqZTPbL-Lg)
Chi sono io, appunto, per meritare tutto questo? Se lo può domandare anche ciascuno di noi in questo Natale.