In Duomo si è svolto il Meeting diocesano con la presenza di monsignor Delpini: 4 mila i ragazzi che vi hanno preso parte.
«Voglio lasciarvi 3 parole da ricordare, che insegnano a vivere, che rivelano il significato della vita: annunciazione, preghiera, esperienza».
È questa la triplice consegna – «da scrivere nella bacheca dei chierichetti delle vostre parrocchie» – con cui l’Arcivescovo suggella, tra gli applausi, il Meeting diocesano dei chierichetti che affollano il Duomo. Seduti anche per terra, ai piedi dell’altare maggiore, nei transetti e nelle navate laterali, i 4000 ragazzini e ragazzine con i sacerdoti e gli educatori – spesso fratelli e sorelle appena un po’ più grandi di loro – offrono lo splendido colpo d’occhio di una Chiesa allegra, giovane, entusiasta, fiera di indossare la propria veste bianca e rossa e di appartenere al Mo.Chi., il Movimento Chierichetti. Accanto all’Arcivescovo ci sono, appunto, il responsabile del Mo.Chi, don Michele Galli, il rettore del Seminario, don Enrico Castagna – i seminaristi di III teologia hanno aiutato nella preparazione del Meeting – e alcuni sacerdoti impegnati con i ragazzi.
Si prega, si canta, si ascoltano le testimonianze di uno chef famoso come Sergio Barzetti e di don Riccardo Miolo, sacerdote ambrosiano con incarichi nella parrocchia di San Michele Arcangelo e Santa Rita in Corvetto e nella Pastorale liturgica per la musica e il canto. Vengono anche consegnati gli attestati a coloro che hanno frequentato il Corso per chierichetti quest’anno.
Dopo l’ascolto della pagina evangelica di Luca, con la narrazione della preparazione della Pasqua, l’omelia del vescovo Mario è tutto un invito a vivere la vita come vocazione.
Fidarsi del Signore
«”Andate e preparate la Pasqua”, dice Gesù a Pietro e Giovanni, i discepoli che ha individuato come capaci, affidabili, persone su cui può contare. Così anche voi sentite che il Signore vi affida un compito, chiama con una missione, annuncia una responsabilità. Gesù vi dà fiducia, come si è fidato di Pietro e Giovanni». Nasce dalla necessità di maturare questa consapevolezza, la prima delle 3 parole che scandisce l’Arcivescovo: «annunciazione».
«Tutta la nostra vita è illuminata da questo incarico e diviene, così, la risposta a una chiamata, diventa una vocazione».
Poi, il riferimento è alle domande che i 2 discepoli pongono a Gesù, ai quali il Signore offre una risposta che, in realtà, è ancora una domanda, una ricerca.
«Il discernimento è dialogare con Gesù per sapere come si realizza la missione che vi è affidata. Pregate ogni giorno, chiedendo a lui dove andare, cosa fare, attraverso quali vie realizzare la vocazione, ora semplicemente di fare il chierichetto, ma via via nella vita prendendo responsabilità. La vostra preghiera deve essere vissuta come dialogo».
Sulla scorta dell’espressione evangelica di Luca “Essi – ossia Pietro e Giovanni – andarono, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua”, la terza parola: «esperienza». «I discepoli si sono fidati di Gesù. Chi si fida di lui non rimane deluso: ricordatelo sempre».
Infine, in un tripudio di allegro disordine, si compie il gesto della distribuzione di un pane a ogni chierichetto, e, in un silenzio carico di raccoglimento, arriva la benedizione del vescovo Mario che, prima di lasciare il Duomo, proprio a proposito del pane che ciascuno ha tra le mani, raccomanda. «Arrivati a casa, dividetelo con qualcuno, portatelo a qualche persona che sapete di fare contenta con il vostro dono».
Le testimonianze
«Mi sono chiesto quale sia la sinergia tra me e il mio lavoro e i chierichetti», dice chef Barzetti. «In realtà tutto gira intorno a un cerchio, la particola è tonda, il piatto quasi sempre è tondo. Voi e noi tutti dobbiamo preparare un banchetto, un momento di gioia e, per fare questo, ci vogliono dei passaggi: il metodo, la concentrazione, l’essere motivati, sapere fare fatica e sacrificio. Ma, soprattutto, bisogna avere il desiderio di donare e di donarsi agli altri. Grazie alla conoscenza vicendevole e all’unione si giunge, per me, all’esecuzione del piatto e, per voi, del servizio con quell’ingrediente-base che è l’amore. L’alta cucina la fanno non tanto gli chef stellati, ma le mamme che vogliono il meglio per i loro cuccioli. Per un buon piatto occorrono 250 grammi di passione, 180 di compagnia, 160 grammi di amore per la vita – vogliamoci più bene, dedicando meno tempo al cellulare – 120 grammi di cura per il prossimo, 70 di sacrificio e passione, una spolverata di semplicità con abbondanza di sorrisi».
Parole cui fa eco don Miolo che sottolinea il senso e l’importanza del gesto della pace. «Se fate questo gesto autenticamente, la pace dal Duomo di Milano arriva anche in Ucraina, supera i pilastri della Cattedrale e viaggia in tutto il mondo, ovunque».