Uno sguardo disattento e superficiale potrebbe interpretare la missione vocazionale come il palcoscenico su cui i seminaristi si mettono in mostra, parlando di sé, raccontando la loro storia, ricevendo attenzioni, applausi e apprezzamenti.

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Uno sguardo sospettoso e prevenuto potrebbe accusare la missione vocazionale di proselitismo, di fare una ingannevole e insistente pubblicità sul seminario incitando i più giovani a prendere in considerazione la possibilità di fare i preti.
Uno sguardo preoccupato e affannato potrebbe confidare nella missione vocazionale come strategia per affrontare il problema della crisi delle vocazioni, per rimboccarsi le maniche e fare eco alla voce di Dio che sembra essere diventata troppo fioca.
Ma perché i seminaristi del quadriennio vivono la missione vocazionale? Cosa accade nei giorni della missione?
La missione vocazionale è pensata come l’occasione per i seminaristi di dare testimonianza della propria vocazione, cioè di raccontare come Dio sia entrato nella loro vita e attraverso vicende più o meno lineari, li abbia chiamati a seguirlo. La testimonianza vocazionale non è l’autoesaltazione delle proprie scelte ma l’annuncio grato che Dio ama e per questo chiama. Per chi ascolta questi racconti diventa facile confrontare la propria esperienza di fede o le varie esperienze di vita che si stanno facendo. Questi racconti hanno in sé una provocazione: e tu? E tu che esperienza stai facendo di Dio? E tu che scelte stai facendo per crescere e costruire la tua vita? E tu sei felice di quello che hai, di quello che sogni? E tu stai vivendo la tua vita come una vocazione e non come un’autodeterminazione? Nel messaggio per la giornata del seminario di quest’anno, l’arcivescovo scriveva: “In ogni storia di libertà l’angelo di Dio porta l’annuncio che ricolma di stupore e di gioia chi apre la porta e permette al Signore di entrare”. Questa è la dinamica della missione vocazionale: raccontare per provocare, incontrare per incoraggiare, pregare per affidare. È un bussare alla porta del cuore. Questa però è solo una parte. E poi? Poi c’è la scelta di aprire la porta e là dove una porta si apre, il Signore entra. La missione vocazionale è anche l’occasione per tanti ragazzi e giovani di fermarsi a riflettere e a pregare per sé, per la loro vita e per la loro vocazione. È l’occasione per domandarsi cosa chiede loro il Signore, o più semplicemente come stanno intendendo la loro vita e la loro crescita. In questo la missione è solo l’inizio, e la presenza dei seminaristi è solo un incoraggiamento. Il cammino 
inizia dopo, nella quotidianità, nella scelta continuativa di stare con il Signore, di cercarlo, di lasciarsi interpellare da Lui. La missione continua affidata alle proposte degli oratori, alla passione degli educatori, alla cura discreta e attenta di preti e religiose. La missione continua nella preghiera della comunità cristiana per le vocazioni. La missione continua tutte le volte che un ragazzo o una ragazza sente rivolgersi dal Signore questa domanda: “e tu?”
E qualcuno sentirà anche crescere dentro di sé la risposta: “Tu seguimi!” (Gv 21,22).