A un anno esatto dalla preghiera elevata ai piedi della Madonnina, quando l’Arcivescovo Mario salì tra le guglie del Duomo per affidarle Milano, la Lombardia, l’Italia e il mondo intero, i Vescovi lombardi si sono riuniti al Santuario di Santa Maria del Fonte a Caravaggio - luogo simbolo della devozione mariana dell’intera Lombardia, in provincia di Bergamo e in Diocesi di Cremona - per la consueta sessione della Conferenza episcopale della nostra Regione ecclesiastica.
All’inizio della giornata Mons. Delpini, in qualità di Metropolita, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in suffragio delle vittime del virus. L’omelia dell’Arcivescovo è un invito alla speranza, alla fiducia nel Signore e, insieme, una decisa consegna a non lasciarsi vincere dai demoni dell’egoismo, della solitudine, dello scoraggiamento.
Ecco il testo dell’Arcivescovo.
Scaccio i demoni con il dito di Dio
Si aggira sulla nostra terra una specie di grigiore, una inclinazione alla rassegnazione, una inquietudine pervasiva che forse non si dichiara, ma che rende guardinghi, sospettosi, inclini a fare di meno piuttosto che di più, a stare soli piuttosto che in compagnia, a sospendere ogni cosa piuttosto che prendere iniziative. Si aggira sulla nostra terra una specie di inespressa persuasione che la battaglia sia persa. Come dice Gesù: c’era un uomo forte, ben armato, che faceva la guardia al suo palazzo, ma è arrivato uno più forte di lui e l’ha vinto.
- Il demone muto.
C’è infatti il demone muto. Il demone muto impone il silenzio. Uomini e donne, anche discepoli del Signore Gesù hanno aperto la porta al demone muto. E perciò non hanno più parole. Non hanno più parole cristiane. Di fronte al tempo che vivono non sanno che cosa dire. Di fronte alle lacrime e alle domande di fratelli e sorelle che piangono i loro morti non sanno che cosa dire se non parole generiche di condoglianze. Di fronte alle provocazioni delle presenze prossime che dicono: “dov’è il tuo Dio?” non sanno che cosa rispondere. Un demone muto ha tolto loro la parola. Ma il regno di Dio è giunto a noi e Gesù ha scacciato il demone muto. Perciò ora coloro che il virus ha assalito e ucciso, hanno cominciato a parlare e cantano la vittoria di Gesù sul demone muto e proclamano che la morte è stata vinta, che Gesù risorto è il primogenito di coloro che risorgono da morte. E invitano tutti a unirsi al grande coro della comunione del santi per cantare la gloria di Dio: “la morte è stata sconfitta e non ha più alcun potere sui figli di Dio. Chi crede in Gesù, anche se morto vivrà!”.
- Il demone ribelle.
C’è il demone ribelle. Il demone ribelle insinua la disperazione. Suggerisce che non valga la pena di servire il Signore. Insinua che la sua promessa di rendere felici non sia affidabile. Convince che la parola dei profeti non merita di essere ascoltata. Il demone ribelle rende malvagio il cuore e ferisce il cuore di Dio: invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Nei mesi della pandemia il demone ribelle esibisce conferme alla sua ribellione: vedete quanti morti? Muoiono insieme il santo e il peccatore. A che cosa serve servire il Signore? Voltategli le spalle e siate disperati! Ma il regno di Dio è giunto a noi e Gesù ha scacciato il demone ribelle. Gesù ha sofferto con coloro che soffrono, Gesù ha pianto con coloro che piangono, Gesù è morto con coloro che sono morti. E mentre il demone ribelle suggerisce di non ascoltare la voce del Signore, nostro Dio, e di non accettare la correzione, i figli di Dio hanno ascoltato la voce amica di Gesù e si sono messi in cammino: venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi. Si sono messi in cammino: così si è diffusa tra la gente una nuova forma di compassione abitata da una fortezza mite e paziente, una pratica instancabile della dedizione abitata dalla carità, una rinnovata fiducia abitata dalla speranza di partecipare della morte e risurrezione di Gesù per entrare nella vita di Dio. È giunto a voi il regno di Dio.
- Il demone della divisione e della solitudine.
C’è il demone della solitudine. Il demone della solitudine divide e separa, mette gli uni contro gli altri. Sequestra le persone e si impegna a renderle inaccessibili. Semina la desolazione nel constatare che coloro che amiamo sono irraggiungibili. Quante lacrime hanno accompagnato morti solitarie! Chi non ha sentito dire in questi mesi: “Mio papà è morto da solo. Hanno portato via mia mamma e non l’ho più rivista! È morto il mio nonno adorato e non ho potuto neppure partecipare al funerale! Mia moglie ha tanto sofferto e io non c’ero a stringerle la mano e io non c’ero per l’ultima carezza!”. Il demone della solitudine continua ad aggirarsi tra la gente e ad alimentare l’egoismo, a mettere gli uni contro gli altri: “Cerca di arrivare prima! Cerca di cavartela, non pensare agli altri, pensa per te, che si tratti della vaccinazione o del posto di lavoro o di qualsiasi interesse”. Ma il regno di Dio è giunto a noi e ha scacciato il demone della solitudine. Ha consolato i morti che non abbiamo potuto consolare, ha abbracciato i nostri cari che non abbiamo potuto abbracciare, ha introdotto in quella comunione che il demone non può spezzare, ci ha radunati nella preghiera che non teme le distanze. Abbiamo imparato a pregare nella comunione dei santi, insieme con Maria, la Madre e con tutti i santi nostri amici. Questa preghiera, questo canto di speranza, questa professione di fede celebriamo oggi qui, nel santuario della gente semplice, nel santuario che celebra la maternità di Maria che ha consolato la povera Giannetta e consola tutti noi.