Nel suo messaggio per la giornata, Papa Francesco, partendo dalla chiamata dei primi discepoli presso il lago di Galilea (Mc 1,16-20), riflette sulla chiamata del Signore, che ci rende portatori di una promessa e, nello stesso tempo, ci chiede il coraggio di rischiare con Lui e per Lui.
Il Papa si sofferma sui due aspetti di “promessa” e “rischio” che la sequela del Signore richiede.
I discepoli intuiscono una promessa di bene sovrabbondante rispetto ai loro desideri, capiscono e non capiscono, seguono, ma fuggono davanti alla croce: alla fine però il coraggio di rischiare nasce in loro quando l’orizzonte della vita si spalanca oltre lo spazio e il tempo di una vita puramente umana. È il dono della Pasqua, per loro come per noi. È lo Spirito che origina in noi un coraggio inatteso e sconosciuto fino a quel momento. È il dono dello Spirito del Risorto che fa del cuore umano la più grande “risorsa innovativa” di cui il mondo ha tanto bisogno.
Dal messaggio del Papa:
«Il desiderio di Dio, infatti, è che la nostra vita non diventi prigioniera dell’ovvio, non sia trascinata per inerzia nelle abitudini quotidiane e non resti inerte davanti a quelle scelte che potrebbero darle significato. Il Signore non vuole che ci rassegniamo a vivere alla giornata pensando che, in fondo, non c’è nulla per cui valga la pena di impegnarsi con passione e spegnendo l’inquietudine interiore di cercare nuove rotte per il nostro navigare. Se qualche volta ci fa sperimentare una “pesca miracolosa”, è perché vuole farci scoprire che ognuno di noi è chiamato – in modi diversi – a qualcosa di grande, e che la vita non deve restare impigliata nelle reti del non-senso e di ciò che anestetizza il cuore. La vocazione, insomma, è un invito a non fermarci sulla riva con le reti in mano, ma a seguire Gesù lungo la strada che ha pensato per noi, per la nostra felicità e per il bene di coloro che ci stanno accanto. […] Per accogliere la chiamata del Signore occorre mettersi in gioco con tutto sé stessi e correre il rischio di affrontare una sfida inedita; bisogna lasciare tutto ciò che vorrebbe tenerci legati alla nostra piccola barca, impedendoci di fare una scelta definitiva; ci viene chiesta quell’audacia che ci sospinge con forza alla scoperta del progetto che Dio ha sulla nostra vita. Quando siamo posti dinanzi al vasto mare della vocazione, non possiamo restare a riparare le nostre reti, sulla barca che ci dà sicurezza, ma dobbiamo fidarci della promessa del Signore.»
È la via affettiva del discepolato che può farci raccogliere il rischio come un’opportunità. Lo sanno bene le donne, testimoni della Pasqua del Signore in ogni attimo del suo calvario, fino alla scoperta della tomba vuota. Il coraggio che è mosso dall’amore, ha in premio l’amore stesso, l’Amore ritrovato in una dimensione “altra”, l’unica che rende possibile una scelta “per sempre”, come nel giorno di Pasqua, di ieri, di oggi, di sempre.
Tenendo alta questa speranza, ogni giovane può aprirsi alla vita come vocazione rischiando nella quotidianità di fare scelte secondo il Regno di Dio, quel Regno che è in mezzo a noi, e che ha un volto, quello del Cristo.
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